FOCUS: IL DIRITTO ALL’OBLIO

Art. 17 GDPR

Cosa cambia con il GDPR?

Il diritto alla cancellazione, meglio conosciuto come diritto “all’oblio”, viene esteso dalla normativa Europea anche a casi ulteriori rispetto al trattamento illecito di dati.

Il diritto alla cancellazione sussiste anche solo al verificarsi di uno dei motivi indicati dall’art. 27 GDPR: i dati personali non sono più necessari alle finalità per cui sono stati raccolti, è stato revocato il consenso, vi è opposizione al trattamento, vi è un trattamento illecito dei dati, per obbligo di legge, se i dati raccolti sono finalizzati per erogare l’offerta di servizi della società dell’informazione a favore di minori.

 

L’oblio è un diritto assoluto?

No. Il diritto alla cancellazione dei dati personali deve essere controbilanciato con altri eventuali interessi che il legislatore ritiene meritevoli di tutela, ad esempio per esercitare la libertà di informazione e espressione, per motivi di interesse pubblico, per obbligo legale, per motivi di archiviazione nell’interesse pubblico, per accertamento di un diritto in sede giudiziaria.

 

Il diritto all’oblio e la de-indicizzazione.

Nell’era digitale l’esigenza del diritto alla cancellazione, espressione massima della riservatezza, ha portato nella pratica a richieste ai motori di ricerca (es. Google) di de-indicizzare i contenuti relativi a una persona fisica ovvero rimuovere i link a pagine web pubblicate da terze parti che fanno riferimento a notizie non più attuali e che non abbiano più rilevanza pubblica.

Ovviamente tale diritto va controbilanciato con il diritto di cronaca e con quello della collettività all’informazione.

Il caso famosissimo Google Spain ha tracciato i confini del diritto all’oblio stabilendo che: l’attività del motore di ricerca consistente nella indicizzazione delle notizie e informazioni inserite da terzi su internet è attività di trattamento dati personali; Il gestore del motore di ricerca è titolare autonomo; una volta accertato il diritto dell’interessato alla cancellazione il motore di ricerca è obbligato a cancellare dell’elenco dei risultati di ricerca i link verso le pagine web che contengano tali informazioni.

Ovviamente a meno che non esistano ragioni che comportino un interesse pubblico al mantenimento della notizia (es. per il ruolo pubblico ricoperto dall’interessato).

Quindi ricevuta la richiesta di cancellazione, il motore di ricerca deve effettuare la valutazione e in mancanza di risposta o mancato accoglimento della richiesta, l’interessato potrà far valere il suo diritto o innanzi all’Autorità Garante oppure all’autorità Giudiziaria ordinaria.

 

Le indicazioni dei Garanti Europei (WP29)

Nel 2014 sono state emanate delle Linee Guida per individuare dei criteri per valutare la fondatezza della richiesta di cancellazione: tra questi il trascorrere del tempo rispetto ai fatti oggetto di pubblicazione. Oltre al criterio temporale vi sono altri fattori da considerare tra cui ricordiamo: se l’interessato è un minore di età; se l’interessato è una figura pubblica; se la ricerca avviene tramite inserimento del nome, pseudonimo o soprannome; se vi sono dati sensibili; la circostanza che i dati si riferissero a reati.

 

Le Linee Guida 5/2020 – ultimo aggiornamento.

Sul punto del diritto all’oblio è intervenuto recentemente il Comitato Europeo per la protezione dei dati (“EDPB”) rappresentando che l’Autorità nel caso di richiesta di de-indicizzazione debba in primis considerare il contenuto del sito per cui è richiesta la deindicizzazione. Nel caso di richiesta relativa a dati personali non più necessari per le finalità del trattamento del motore di ricerca, occorre effettuare un bilanciamento con gli interessi degli utenti, considerando il periodo di conservazione dei dati.

Si dovrà esaminare in particolare la posizione dell’interessato e se il contenuto del sito web possa arrecare pregiudizio alla sua reputazione.

 

Alcune pronunce del Garante Italiano sul diritto all’oblio.

Vediamo alcuni casi recenti.

(Decisione del 15.10.2020 n. 194) il Garante ha analizzato il caso di una richiesta di un soggetto che chiedeva la rimozione di alcuni URL in cui veniva associato il suo nominativo a indagini penali relative a irregolarità compiute da alcune imprese.

Secondo Google non sussistevano i presupposti per il diritto all’oblio in quanto le notizie erano recenti.

Il Garante invece ha ritenuto di ordinare al motore di ricerca la rimozione degli url sulla base del fatto che “la perdurante reperibilità in rete di tali articoli in associazione al nominativo dell’interessato risulta creare un impatto sproporzionato sulla sfera giuridica di quest’ultimo, che non appare allo stato attuale bilanciato da un interesse del pubblico.”

Altro caso deciso dal Garante (del 15.10.2020 n. 192). Qui vi era una inchiesta giudiziaria nella quale il reclamante è poi risultato estraneo ai fatti. Google anche qui non riteneva sussistente il presupposto per la cancellazione richiamando l’attualità della notizia e che il nome del soggetto sarebbe emerso in quanto indicato dal gip come soggetto implicato nelle vicende. Il Garante però sottolinea che la vicenda si era ormai conclusa e soprattutto riguardasse altri soggetti e anche qui viene rilevato un impatto sproporzionato sulla sfera giuridica del reclamante. Da qui l’ordine di rimuovere gli url nel termine di venti giorni.

 

 

Avv. Francesca Ariodante